La fotografia che cura
Raccontare la mia storia attraverso immagini e parole e poi diffonderle è stato il primo passo per aiutare le persone con la fotografia. Mostrarmi e condividere come sono riuscita a superare la mia perdita mi ha dato coraggio, non è semplice riuscire ad essere se stessi e a mostrarsi come si è, senza paura.
Essere coraggiosi non significava affatto non avere paura. Essere coraggiosi significava proprio avere paura, molta paura, una paura da matti, e ciò nonostante fare la cosa giusta.
Coraline – romanzo di Neil Gaiman
[Nella fase successiva di questo articolo racconto parte di ciò che mi è successo, non entrerò nei dettagli, ma se pensi che possa essere troppo per te ti invito a saltare questo pezzo e riprendere a leggere dopo le fotografie]
Era il 21 Marzo 2006, il primo giorno di Primavera.
Avevo sedici anni, dei sogni da realizzare, ero alle prese con le prime cotte, lo studio, la danza. Ero una qualsiasi adolescente che cercava di trovare il suo posto in un mondo che non la capiva.
Ricordo tutto benissimo di quella giornata e dei mesi successivi, come se fosse ieri.
Pioveva.
Come in una commedia noir stavo andando a comprare il mio primo paio di converse viola, quelle alte che andavano di moda tra gli alternativi, ma all’improvviso mi sono ritrovata a terra. I capelli bagnati, l’odore dell’asfalto, le parole della mia amica Sofia risuonano nella testa “ti guardavo, volevo venire lì ad accarezzarti, ma non riuscivo a muovermi”.
Mi ricordo tutto, del dolore, della chiamata a mio fratello, dell’ambulanza che non arriva, della corsa disperata in ospedale, delle mattonelle azzurre della sala d’attesa, del conto alla rovescia e poi nero.
Mi sono risvegliata mentre respiravo ancora da un tubo. Ricordo delle tende, le bende al piede, la sala rianimazione. Ricordo gli occhi gonfi di mia madre, l’arrabbiatura di mio fratello, non verso di me, ma verso un Dio in cui nessuno dei due crede.
Ricordo lo sconforto, le scarpette e le mascherine, le mie poche parole. Le preghiere perché io riuscissi a farcela ad uscire da lì. Ricordo che mi sembrava fossero passati mesi, invece erano passati solo pochi giorni chiusa in quella stanza di persone al limite tra la vita e la morte. Ricordo la gioia dell’uscire da lì per poi ricadere nel buio quando non c’era più altro da fare se non amputare il piede.
Oggi sorrido al pensiero di quella bambina così piccola, ma con la forza ed il coraggio di una leonessa.
Non sono morta, ho perso una parte di me, un piccolo pezzo della Shana spensierata se n’è andato quel giorno e io non ho potuto far altro che accettare la mia metamorfosi e abbracciare, seppur con immensa fatica, la nuova Shana.
La fotografia è stata per me una terapia, l’autoritratto mi ha permesso di accettare ed amare le nuove parti di me, di sentirmi donna e vedermi bella, con tutte le mie (im)perfezioni.
Grazie a quell’incidente sono diventata la donna e la professionista di oggi che usa i suoi talenti per aiutare le persone con la fotografia e non potrei esserne più orgogliosa.
La fotografia come terapia e condivisione
Ho iniziato a scattare per me stessa, per rivedermi, in seguito la fotografia è diventata un momento speciale di empatia, un filo connettore che mi unisce a chi decide di fermarsi e leggere, a chi non vede debolezza, ma forza, sensibilità, energia e femminilità.
Come me molte altre fotografe hanno usato l’autoritratto per raccontarsi e per condividere fasi difficili della propria vita, ad uso terapeutico personale.
Durante i miei studi di fototerapia ho incontrato delle persone meravigliose, condividere queste informazioni è un altro mio modo per aiutare le persone con la fotografia, d’altronde “sharing is about caring”.
Vi parlo di alcune di queste anime, senza raccontarvi troppo, lasciandovi la scelta di scoprire i loro progetti da solə, ma soprattutto facendo parlare le loro foto.
Marta Viola, una potenza travolgente, ho comprato il suo libro “Sangue Bianco” durante il Perugia Social Photo Fest qualche anno fa e mi ha trafitta la sua sincerità, sono sicura succederà anche con voi.
Seguo il lavoro di Cristina Nuñez sulle emozioni, la scoperta di sé e l’autoritratto da infiniti anni e ne ha creato un vero e proprio metodo, un viaggio attraverso i vari aspetti della vita, te stesso, te nel mondo, te con gli altri.
Infine Claudia Amatruda, con il suo progetto Naiade, una fotografia genuina, sensibile, che ti arriva dritta al cuore.
Quattro donne, quattro stili fotografici diversissimi, ma tutte noi abbiamo sperimentato la cura della fotografia, cura dell’anima, cura come attenzione per sé e nell’ascolto.
Autare le persone con la fotografia è diventata la mia missione.
Ecco perché ho deciso di aprire il mio progetto personale Balliamo da sole per dedicarlo a tutte le donne che sentono il bisogno di parlarsi gentilmente. Nascono così i ritratti al femminile, un percorso che parte da dentro, che inizia con la scrittura autobiografica e continua con la mia fotografia. Ho scelto di tenere lo stesso nome perchè per me ha significato tanto e rappresenta l’essenza del mio percorso : tornare a ballare anche con un piede solo.
Discalimer necessario: non sono una psicologa, non si tratta di terapia, ma di tempo gentile che ci si dona.
Se vuoi scoprire le storie di donne in evoluzione che ho raccontato finora questa sezione fa per te, se sei tentata, ma hai ancora qualche dubbio prima di prenotare le tue fotografie al femminile, scrivimi, ti aspetto.
A presto, Shana.
Non aver paura di mostrarti come sei.
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Ps. Se ti interessano questi argomenti ti consiglio questi articoli del mio blog.