Autoritratto nella fototerapia e fotografia terapeutica.
Parlo spesso dell’autoritratto come l’arte del prendersi cura, tecnica che negli anni ho sperimentato per una mia conoscenza interiore.
(Se sei una nuova arrivata, benvenuta!Ti invito a leggere questo mio articolo, in cui spiego com’è nata la passione e qualche passaggio essenziale del mio percorso.)
Spesso mi viene chiesto perché io non lo insegni e la risposta è perché amo sperimentarlo su di me, adoro parlarne e scriverne, ma ho creato una mia tecnica per Balliamo da sole che trova le sue radici lì, ma si è sviluppato in un percorso personale ed unico.
Nel 2020 mi sono iscritta a Netfo per la formazione annuale in Fototerapia, Fotografia Terapeutica e Fotografia Sociale, dove ho avuto la possibilità di sperimentare tecniche e metodologie che ancora non conoscevo perché legate alla terapia.
Per questo motivo oggi vorrei parlarvi un po’ da dove nasce il termine fototerapia e come si inserisce nel mio percorso.
Sapevi che l’autoritratto è proprio una delle tecniche che vengono utilizzate in terapia?
Facciamo prima qualche passo indietro.. Iniziamo da che cos’è la fototerapia? La potremmo definire una modalità di lavoro che utilizza le foto portate dal paziente o proposte dal terapeuta come stimoli per favorire processi di esplorazione e conoscenza di sé finalizzati al cambiamento.
Non può essere perciò usata al di fuori di un setting terapeutico, ecco perché Balliamo da sole non rientra nella fototerapia, ma è un percorso di cambiamento e conoscenza interiore.
Si inizia a parlare di fototerapia già alla fine dell’800 quando il Dr. Hugh Diamond iniziò ad utilizzare la fotografia come mezzo di cura e testimonianza dei miglioramenti dei suoi pazienti. Hugh fotografava i pazienti del manicomio utilizzando l’immagine come mezzo diagnostico e aveva scoperto che quando le foto venivano mostrate al paziente avevano un effetto terapeutico positivo.
Più tardi Judy Weiser, madrina delle PhotoTherapy Techniques scriverà :
“Gli autoritratti permettono di esplorare chi è la persona quando nessuno la osserva, la giudica o la tiene sotto controllo; la solitudine dell’autoritratto è un elemento fondamentale.
Gli autoritratti rendono infatti possibile un confronto diretto, di tipo non verbale, con se stessi. Gli autoritratti fanno scaturire, anche in modo veloce e rischioso, le emozioni dei pazienti; sono utilizzati in terapia come attivatori efficaci per un lavoro in profondità.
Se guidati attentamente nei momenti di maggiore vulnerabilità, i pazienti possono utilizzare le proprie fotografie per stabilire un dialogo interno.”
L’autoritratto è per me proprio un dialogo con se stessi, un momento intimo che si decide di condividere solo con sé. L’autoritratto aiuta a vedersi da un punto di vista esterno, favorisce la possibilità di accettarsi e di acquisire una migliore immagine di sé.
Durante il corso ho potuto sperimentare The Selfportrait Experience, metodo creato da Cristina Nuñez, artista e fotografa spagnola, a partire dalla sua esperienza con l’autoritratto come strumento auto-terapeutico. Cristina ha un passato da tossicodipendente e prostituta, lo racconta con tranquillità e spiega come negli anni 80 abbia scoperto la macchina fotografica come strumento per conoscersi e per esprimere le sue emozioni difficili.
Guidata dalla docente Chiara Digrandi ho sperimentato l’intensità di questo metodo, essere davanti all’obiettivo stimola un dialogo tra la nostra mente e le nostre emozioni. Questo dialogo favorisce l’espressione di quelle emozioni che hanno bisogno di emergere in quel determinato momento.
L’autoritratto se da una parte ci permette di accettare ciò che non siamo abituati a vedere, dall’altra consente di scoprire nuove identità, innescando un processo di conoscenza profonda, è un’opportunità per esprimere qualsiasi emozione, liberi da ogni tipo di auto-giudizio.
Arrivata a questo punto occorre fare una precisazione tecnica tra fototerapia e fotografia terapeutica.
Se con Fototerapia si intendono tutte le tecniche che i terapeuti utilizzano durante le sessioni con il paziente, con il termine di Fotografia Terapeutica, si intendono quelle pratiche fotografiche messe in atto dalle persone stesse a seguito di una determinata urgenza di affrontare, come aumentare la conoscenza di sé, incrementare l’autostima, approfondire l’educazione visiva.
Una pioniera di questa definizione è sicuramente Jo Spence, fotografa e artista. “The crisis projects 1982-1992” mostra il suo lavoro pionieristico sulla fotografia terapeutica mostrando i vari stadi del cancro al seno, cercando di sovvertire un’immagine femminile idealizzata.
Ora sorge spontanea la domanda, tu Shana dove ti inserisci in queste definizioni? In una nuova, fototerapia nella relazione d’aiuto, utilizzo la fotografia come strumento mediatore, come mezzo per aumentare l’autostima e la percezione di sé.
Balliamo da sole nasce da una mia esigenza, di esternare del dolore causato dalla rottura di un rapporto e farlo fiorire. Nasce come un progetto terapeutico, ma nel tempo la mia visione è evoluta mettendomi al servizio di altre donne, per liberarle dai preconcetti su di sé, per accogliere la loro immagine e permettersi di vedersi con occhi differenti.
Grazie per aver letto fin qui!
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