Quando la fotografia è terapeutica
L’autoritratto fotografico è per me da sempre un momento di ricerca, di comprensione, di esternazione di una sensazione, di un problema che mi turba e di trasformazione.
Per anni pittori hanno ricercato se stessi attraverso l’arte, Vincent Van Gogh e Frida Kahlo sono solo due degli artisti che si sono cimentati nell’autoritratto come scoperta del mondo esteriore ed interiore. Van Gogh dipinse oltre 30 quadri di sè, Frida iniziò il suo lavoro sull’autoritratto a seguito di un incidente che la bloccò nel suo letto per svariati mesi che le permise di realizzare ben 55 autoritratti. In un ‘intervista l’artista spiegò di dipingersi perché era spesso sola e perché era il soggetto che conosceva meglio. Ancora quindi appare il tema della conoscenza di sé attraverso l’arte.
Credo che l’arte e la fotografia siano strumenti terapeutici e di guarigione. Tutti sperimentiamo momenti di ansia, depressione, infortunio, perdita nella vita ed ognuno ha un modo diverso per affrontare questi avvenimenti. Io ho trovato nella fotografia uno strumento di espressione che mi ha aiutata e ancora è necessaria per il superamento dei momenti difficili.
Guardare un autoritratto è come osservare una piccola parte di anima, quella che l’autore ha deciso di mostrare; è per questo che non è semplice denudarsi davanti al mondo, scoprire le proprie debolezze e lasciare percepire agli altri i tuoi più intimi pensieri, ma è estremamente liberatorio. La fotografia mi permette di trasformare i miei timori, le sensazioni in immagine, mi svuota la testa e mi rende leggera. Trovarsi davanti all’obbiettivo da soli può essere terrificante, ma aumenta la vulnerabilità e permette un’auto-analisi delle nostre emozioni più profonde.
Il processo di creazione per me è importante, forse la parte più rivelatoria del percorso.
Nasce tutto con la visualizzazione del problema, con il prendere coscienza di ciò che non va. Mi capita di fare degli schizzi prima di scattare, altre volte mi lascio guidare dalle sensazioni e vado d’istinto, altre ancora ho scritto delle parole o fatto dei collage di fotografie.
L’autoritratto fotografico è terapeutico per me perché mi permette di trasformare il dolore, fisico o mentale, in arte e quindi in bellezza. E’ il mio modo di rendere positivo un’esperienza negativa.
C’è una grande differenza tra “selfie” ed “autoritratto fotografico“, nell’autoritratto non è importante la forma esterna, ma si tratta di un’immagine privata, di un dialogo con se stessi, guidato dalla creatività e dalla sensibilità dell’autore.
Con queste fotografie voglio presentarvi il mio progetto Balliamo da sole, nato assieme ad una grande amica e compagna, Serena Trerè, nel 2012. Quando ci siamo incontrate su Flickr avevamo entrambe il cuore spezzato, e chi lo ha avuto almeno una volta nella vita conosce bene la sensazione di impotenza, le notti insonni, i pensieri che ritornano sempre al solito punto, il rivedere tutte le conversazioni nella propria testa per cercare quel qualcosa che avremmo potuto dire per cambiare la situazione. In questo turbinio di pensieri ed emozioni nasce Balliamo da sole. Non ci era ben chiaro quanto terapeutico fosse quello che stavamo facendo, allora stavamo solo seguendo i nostri istinti, il nostro estro artistico che ci diceva di creare arte dal dolore, per cercare di trovare qualcosa di positivo in questo nostro momentaneo periodo di vuoto.
Quella prima versione del progetto si è conclusa per me quando non ne ho sentito più la necessità, quando ho compreso che rimuginare su pensieri e sensazioni negative non mi faceva più bene perchè ero riuscita ad elaborare il dolore.
Autoritratto fotografico come fotografia che cura
Negli anni ho continuato a fotografarmi e mi sono accorta che l’autoritratto non era più solo un mezzo di sfogo, non mi fotografavo solo nei momenti negativi, per me era diventato uno strumento di conoscenza, un dialogo interiore con me stessa, che diventavo contemporaneamente oggetto di interesse, autore e spettatore dell’immagine.
L’effetto terapeutico che aveva e tutt’ora ha per me la fotografia è quello di avermi permesso di fare pace con lo specchio, con la mia immagine che dopo un orrendo incidente è cambiata totalmente. La fotografia mi ha permesso di rivedermi bella e donna, mi ha aiutata in questo percorso di riappropriazione della mia individualità, mi è servita a darmi il coraggio per riprendere a ballare, non più in punta di piedi, ma con un’altra sensualità.
[Puoi leggere la mia storia quì]
Ho affrontato un lungo lavoro su me stessa e questo percorso mi ha portata a capire davvero quanto terapeutica possa essere la fotografia e solo dopo tanto studio ho iniziato a proporlo ad altre donne, donne resilienti che hanno affrontato malattie, donne che a volte non si amano, donne che hanno un’energia, una forza travolgente. Qui nasce la nuova veste di Balliamo da sole, un elogio alla bellezza che è diventato il mio, il nostro modo per ispirare le persone, per dare coraggio, per celebrare la vita e non nascondere più le cicatrici, che ci rendono uniche e speciali.
” Take your broken heart, make it into art” – Carrie Fischer
Concludo questo articolo con una doverosa precisazione, esiste una precisa differenza tra fotografia terapeutica e fototerapia, online spesso questi due termini vengono scambiati, se ti interessa questo argomento ho scritto un intero articolo a riguardo. Leggi cliccando quì.
Ecco alcune delle meravigliose donne che hanno intrapreso il percorso Balliamo da sole con me.
Se sei capitata quì per caso, benvenuta, sappi che non sei da sola, lì fuori ci sono tante persone, tante donne che si sentono come te. Il mio obbiettivo è quello di creare bellezza, anche dalle esperienze più negative, il mio è un invito a ballare da sola, scalza, fregandotene di chi guarda e giudica, non aver paura di mostrare le tue cicatrici, del corpo e dell’anima.
Se vuoi maggiori informazioni sui miei servizi fotografici visita la sezione Come ti aiuto o scrivimi a info@shanacarrara.com.
Ti aspetto!